Fabbricare Fiducia_Architettura #46 | (Ri) Abitare la città | Francesca Ambrosio
Come immagini il mondo dell’architettura e la sua professione dopo l’attuale crisi virale?
La condizione di distanziamento sociale cui siamo costretti è occasione per guardare con senso critico ai luoghi e allo stile del nostro vivere quotidiano, nella sfera pubblica e in quella privata.
La facilità di spostamento di cui fino a ieri abbiamo abusato, e il conseguente abbattimento dei confini, hanno progressivamente privato alcune parti delle nostre città della loro identità prima di luoghi dell’abitare e del vivere comune.
“Anche questo posto lontano da casa
è diventato, come il lago di Griffen - scrive Peter Handke [1] -,
il mio luogo di pellegrinaggio laico
dove di tanto in tanto mi reco
perché qui mi aspetto il prodigio della durata”
Parla della Porte d’Auteuil a Parigi, un luogo che Handke può descrivere solo in parte, perché la durata che lì si aspetta di incontrare è qualcosa di intangibile che connette l’uomo alle cose. È un’intuizione che deriva dall’assidua frequentazione di un luogo, dall’abitarlo fino ad identificarvisi.
Oggi i nuclei più antichi delle nostre città, emblema della nostra identità culturale, si sono convertiti in opere d’arte, soffocate da un turismo di massa sempre più aggressivo. Diventati un luogo a sé, si allontanano ogni giorno di più dalla vita delle città che vi sono cresciute intorno. Molti quartieri, prossimi ai centri, sono ormai sede di un abitare di passaggio dove vige la legge del mercato turistico-commerciale, che porta con sé più negozi che servizi o spazi del vivere quotidiano e comune.
L’esodo verso le periferie è stato incentivato dal progressivo allontanamento dello Stato, a partire dalla fine del secolo scorso, dalle politiche abitative. Ormai in mano a privati, queste seguono le regole del libero mercato, inaccessibili per le categorie sociali meno abbienti.
Le nostre città, quindi, sono in parte inabitate e non vantano quel mix sociale che le rende più interessanti ma soprattutto più efficienti. “La densità sociale -scrive Vittorio Magnago Lampugnani [2] – è condizione necessaria per sfruttare appieno le infrastrutture (…) ma anche per riempire i negozi, i bar e i ristoranti e consentire così l’auspicata vita urbana”. Ripartire dall’alloggio sociale come parte di un complesso che favorisca relazioni e vita comunitaria diventa quindi una strategia per valorizzare i contesti urbani in cui è inserito, riportandovi servizi e ripopolandone gli spazi pubblici.
[1] Peter Handke, Canto alla durata, Braitan, Brazzano 1988, versione italiana, Suhrkamp, Berlino 1986, versione originale.
[2] Vittorio Magnago Lampugnani, Case economiche come avanguardia, Domus, febbraio 2020.
Francesca Ambrosio, Architetto, PhD Student in Paesaggi della Città Contemporanea. Architetture dei paesaggi urbani. Nata e cresciuta a Roma studia architettura tra l’Università degli Studi Roma Tre e la ETSAM di Madrid. Nel 2017 si laurea in Progettazione Architettonica con un progetto di riqualificazione dell’area compresa tra il Circo Massimo e Porta Capena a Roma e nello stesso anno consegue il diploma del Biennio Interdisciplinare Alta Scuola Roma Tre. Nel 2016 partecipa con l’Università di Roma Tre ad un progetto di allestimento del teatro greco di Siracusa, e dal 2018 collabora con lo studio OSA architettura e paesaggio a Roma, lavorando a riqualificazioni e nuove costruzioni di edifici e spazi aperti a diverse scale. Nel 2019 svolge supporto alla didattica del workshop di architettura Hypogean Dreams – Tutelare la cattedrale sotterranea, a Mazara del Vallo, e dal 2018 svolge supporto alla didattica nell’ambito del Laboratorio di Progettazione Architettonica 1b, a Roma Tre. Dal 2019 è dottoranda in Paesaggi della Città Contemporanea. Architetture dei paesaggi urbani, all’Università degli Studi Roma Tre.
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #46 | (Ri) Abitare la città | Francesca Ambrosio
Time: 17 aprile 2020
Category: Article
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