Mitchell Joachim _ The art of cities
article and interview by Federico Giacomarra
Mi sarebbe piaciuto incontrare Mitchell Joachim di persona e intervistarlo per Cityvision davanti ad una birra, (magari a New York, città in cui vive e lavora) gustandomi le sue acute risposte e facendo i conti con la sua proverbiale ironia oltre che con la sua competenza… nel 2012 le distanze (fisiche o mentali che siano) fanno ancora la differenza, ma non per chi come noi ha “sete di risposte”… mi concentro sulle domande…
FG: Parlando delle FAB TREE HAB a che livello di svilupo è il progetto, quanto tempo occorre per vedere il prototipo definitivo? State lavorando ad un’applicazione su larga scala di questa tecnologia?
JM: FAB TREE HAB è un progetto ecologico per una casa prefabbricata vivente per l’umanità. È un metodo per creare case da piante e alberi nativi: una struttura vivente modulata attraverso delle impalcature riciclabili a controllo numerico. Questo dà la possibilità di integrare pienamente i moduli abitativi in una comunità ecologica. Come diretto contributo all’ecosistema, essi supportano un’economia basata su prodotti viventi non riassemblati o processati. Immaginate una società basata su alberi che crescono per le abitazioni piuttosto che sul taglio degli alberi per l’industria del legno. Inoltre questo progetto assicura la riduzione dei gas serra dall’atmosfera. Una metodologia nuova per l’industria delle costruzioni ma tradizionalmente nota nel giardinaggio; è il pleaching, una tecnica per intrecciare insieme rami di un albero a formare una struttura continua per muri e coperture. Sopratutto la costruzione di questa casa può essere ottenuta con un prezzo minimo, richiedendo solo un pò più di tempo per completare la sua struttura. La realizzazione di queste case inizierà come un esperimento, e da lì si vedrà come il concetto di rinnovamento darà vita ad una nuova forma architettonica, una sorta di interdipendenza fra natura e persone. Nei climi tropicali una casa completa crescerà in 3-5 anni.
FG: Il progetto WASTE TO RESOURCE CITY 2012 è un tentativo di risolvere la crescita di entropia nella nostra società: più siamo collegati in termini di scambio di beni, informazioni e movimento di persone, più consumiamo energia e produciamo entropia. In questo senso pensi che lo spreco di materiali sia un buon punto di partenza per ripensare la relazione fra città ed entropia?
JM: Immaginate le nostre colossali discariche municipali come una risorsa importante per costruire i nostri spazi urbani e periurbani futuri. Che tipo di sforzo è richiesto per riusare il loro abbondante contenuto? Ora che la maggior parte dell’umanità ha scelto di stabilirsi nelle aree urbanizzate, la gestione dei rifiuti ha bisogno di una revisione radicale. Per centinaia di anni abbiamo progettato città che producono spazzatura. Ora è il tempo di progettare lo smaltimento dei rifiuti per rigenerarle. Quali sono le possibilità per l’ambiente urbano dopo che la nostra infrastruttura datata verrà ricalibrata? Come entreranno in equilibrio intensificazione urbana e sistema di smaltimento dei rifiuti? L’ipotesi di Terreform è di reindirizzare i flussi di risorse in una direzione positiva. In questo caso, i rifiuti non sono solamente ricliclati attraverso meccanismi infrastrutturali, ma ricliclati perpetuamente. L’America è il paese leader produttore di rifiuti a livello mondiale, con una produzione attorno al 30% della spazzatura mondiale: 0.72 tonnellate per abitante l’anno. New York attualmente produce 32.840 tonnellate di spazzatura al giorno. Stampanti 3d di grandi dimensioni, possono essere modificate per automatizzare rapidamente lo smaltimento della spazzatura e raggiungere l’obiettivo in qualche decennio. Queste automatizzazioni sarebbero tecniche usate comunemente nei sistemi di compattazione dei rifiuti. Invece di macchine che schiacciano oggetti in cubi, tali sistemi di compattazione portebbero dei benefici con la possibilità di assemblare moduli semplici in “puzzle blocks”. I blocchi di materiale di scarto possono essere predefiniti, usando la geometria computazionale, in modo da formare coperture, archi, strutture, finestre e qualsiasi pattern di cui ci sarebbe bisogno. In quel caso, la città futura non farebbe distinzione fra spazzatura e risorse.
FG: Ci puoi parlare del “victimless shelter”? Da un punto di vista esistenzialista, un architetto come Ricci è solito parlare di “un’architettura che vive”, in questo senso come usi la tecnologia per concretizzare tale concetto?
JM: La biologia è architettura. Piuttosto che imitare la natura, noi la usiamo per creare il nostro progetto. Stiamo studiando diverse tecnologie viventi per creare materia veramente viva. Attualmente è in sviluppo una serie di mobili che comprendono il GenSeat, un biopolimero composto di Mycelia come sottostruttura e Acetobattere come pelle. Questa sedia per bambini è un prototipo 1:1 di una seduata coltivata integrata in un ciclo di vita naturale. Vogliamo essenzialmente che il prodotto cresca e sia riassimilato dal suo ambiente. Esperimenti precedenti comprendevano un “victim less shelter ” da cellule di maiale e strutture Mycoform. L’In Vitro Meat Habitat è una proposta architettonica per la fabbricazione di cellule di maiale stampate in 3d per la realizzazione di abitazioni. È denominato “victimless shelter”, perché a nessun essere senziente è stato fatto del male nella crescita in laboratorio della pelle. Per ora, il modello concettuale consiste essenzialmente in una pelle di maiale con una durata di conservazione considerevole. La scala del modello attuale di materiale non deteriorabile è di 27,5 cm x 7,5 cm x 17,5 cm.
FG: In URBANEERING scrivi: ” Il Futuro arriverà comunque, come ci arriveremo dipenderà dalla nostra preparazione pianificata e dal feedback egalitario. Il centro della città non è il centro storico o le torri per uffici, ma la sua infrastruttura. “Le città sono il posto in cui la gente si incontra, condivide e può esprimere la propria sensibilità, in questo senso quale sarà la forma dello spazio pubblico nella città del futuro? Chi è la pricipale autorità nel fare utopia o qualsiasi straordinaria città futura?
JM: L’Urbaneer è una crescente disciplina basata sulla progettazione urbana che può negoziare il complesso mix di tecnologie, teoria e pratica e che abbraccia la reinvenzione della città per soddisfare le esigenze del pianeta. Oggi, questo nascente campo interdisciplinare, è in uno stato di sviluppo radicale. L’Urbaneering prende in considerazione un diverso range di progetti come prescrizioni di massima. Pratica schemi totalizzati di coinvolgimento dalla maniglia alla democrazia. Nel passato la progettazione urbana è stata per lo più interdisciplinare, ma non è stata rinnovata dalle origini. Gli Urbanners si focalizzano su ecosistemi di città e infrastrutture – settori maturi di miglioramento – e su materie più convenzionali come costruzioni e parchi. La città del futuro ha bisogno di una nuova razza di comunicatori. Una persona esperta nell’arte delle città oltre i tipici utopisti, pianificatori, ingegneri civili e architetti dei giorni nostri. Questi campi hanno bisogno di un filtro multiforme di ragionamento per incorporare una profonda conoscenza del luogo. Gli Urbaneers cercano di unire l’edificazione e la competenza necessarie per riformare la città di oggi per l’utopia del domani. Mitchell Joachim è una delle menti più brillanti dell’America degli ultimi tempi nell’ambito della progettazione urbana e architettonica in chiave ecologica, con una lunga esperienza in ambito progettuale, la sua competenza e apertura mentale fanno di lui un professionista completo…ironico e visionario con i suoi lavori non da risposte definitive… apre con semplicità strade apparentemente non percorribili, sembra ricordarci, come farebbe una persona cara, che non esistono risposte giuste, ma solo domande giuste.
ENGLISH VERSION_________________________________________________________________
I would like to meet Joachim in person, to interview him in front of a beer (maybe in New York,where he lives and works) enjoy his acute answers, deal with his proverbial irony in addition to his expertise…in 2012 distances(physical or mental) can still make the difference, but not for those of us who are thirsty for the answers…I focus on questions…
FG: Talking about fab tree houses, at what stage of development is the project, how long until we see the final prototype? Are you working on a large scale application of this technology?
JM: FAB TREE HAB proposes an ecological design of a living prefabricated home for humanity. We propose a method to grow homes from native trees and plants. A live structure is grafted into shape with Computer Numeric Controlled (CNC) reusable scaffolds. This enables dwellings to be fully integrated into an ecological community. As a direct contribution to the ecosystem they support an economy comprised of actual living products not reconstituted or processed materials. Imagine a society based on growing trees for housing, rather than cutting down trees for the industrial manufacture of timber. Ultimately this project assures both the reduction and removal of greenhouse gasses from the atmosphere. A methodology new to buildings yet ancient to gardening is introduced in this design – pleaching. Pleaching is a method of weaving together tree branches to form living archways, lattices, or screens. The trunks of inosculate, or self-grafting, trees, such as Elm, Live Oak, and Dogwood, are the load-bearing structure, whilst the branches form a continuous lattice frame for the walls and roof. Above all, the construction of this home can be achieved at a minimal price, requiring only some time to complete its structure. The accomplishment of these homes will begin as an experiment, and it is envisioned that thereafter, the concept of renewal will take on a new architectural form, one of interdependency between nature and people. In tropical climates, a complete home will grow in 3-5 years.
FG: The WASTE TO RESOURCE CITY 2120 project is an attempt to resolve the great entropy rising in our society: the more we are linked in terms of exchange of goods, information and movement of people, the more we consume energy and produce entropy. In this sense the waste of materials is a good starting point to rethink the relationship between city and entropy, what do you think about this?
JM: Imagine our colossal municipal landfills as sensible resource sheds to build our future urban and peri-urban spaces. What kind of effort is required to reuse their bountiful contents? Now that the bulk of humanity has chosen to settle in urbanized areas, waste management needs a radical revision.For hundreds of years we designed cities to generate waste. Now it is time that we begin to design waste to regenerate our cities. What are the possibilities for urban environments after our aged infrastructure is recalibrated? How might urban intensification and waste mix? Terreform ONE’s supposition is to reallocate resource streams to flow in a positive direction. In this case, waste is not faintly recycled through infrastructural mechanisms but instead up cycled in perpetuity. America is the lead creator of waste on earth, making approximately 30 per cent of the world’s trash and tossing out 0.8 US tons (0.72 tons) per US citizen per year. Lurks in New York City is currently disposing of 36,200 US tons (32,840 tons) of waste per day. Outsized automated 3-D printers could be modified to rapidly process trash and to complete the task within decades. These potential automatons would be entirely based on existing techniques commonly used in industrial waste compaction devices.Instead of machines that crush objects into cubes, compaction devices could benefit from adjustable jaws that would craft simple shapes into smart ‘puzzle blocks’ for assembly. The blocks of waste material could be predetermined, using computational geometries, in order to fit domes, archways, lattices, windows, or whatever patterns would be needed. Eventually, the future city would make no distinction between waste and supply.
FG: Can you talk to us about the victim less shelter? From an existential point of view, architects like Ricci use to talk about an “architecture that lives”, in this sense how do you use the technology to achieve this?
JM: Biology is the architecture – instead of mimicking nature we use actual nature to create our projects. We are investigating different alive techniques to create truly living matter. Currently in development is a serious of furniture including GenSeat©™ – a biopolymer made from Mycelia as the understructure and Acetobacter as the skin. This chair for children is a 1:1 prototype of a cultivated seat that is integrated into a natural lifecycle. We essentially want the product to become fully grown and assimilated in its environment. Prior experiments include a victimless shelter from pig cells and Mycoform structures. The In Vitro Meat Habitat is an architectural proposal for the fabrication of 3D printed pig cells to form real organic dwellings. It is considered to be a “victimless shelter”, because no sentient being was harmed in the laboratory growing of the skin. We used sodium benzoate as a preservative to kill yeasts, bacteria and fungus. Other materials in the model matrix are; collagen powder, xanthan gum, mannitol, cochineal, sodium pyrophosphate, and recycled PET plastic scaffold. As of now, the concept model consists of essentially very expensive fitted cured pork or articulated swine leather with an extensive shelf life. The actual scale of the non-perishable prototype is 11″x3″x7″.
FG: In URBANEERING you wrote: “The future will eventually arrive, how we get there is dependent upon our planned preparation and egalitarian feedback.The center of this city is not historic cathedrals or office towers but its infrastructure.” Cities are the place where people meet, share and can express their sensibility, in this sense what’s the shape of public space in the future city?
JM:Who is the primary authority in the making of utopia or any extraordinary future city? An Urbaneer is a burgeoning discipline based on urban design that can negotiate the complex mix of technology, theory and practice that embraces the re-invention of the city to exceed the needs of the planet. Today, this nascent interdisciplinary field is in a state of radical development. Urbaneering undertakes a diverse range of projects as a prescription for maximal design. It practices totalized schemes that rethink all scales of involvement from the doorknob to the democracy. In the past Urban design has mostly been interdisciplinary, but it has not been revamped since its formal inception. Urbaneers focus as much on cities’ ecosystems and infrastructure – areas ripe for improvement – as well as on more conventional subjects such as buildings and parks. The next city needs a new breed of communicator. A person skilled in the art of cites beyond the typical utopists, planners, civil engineers, and architects in the present day. These fields need a multifaceted filter of reason to incorporate a profound knowledge of place.Urbaneers look to merge the edification and expertise needed to reform the city of today for the utopia of tomorrow.
Mitchell Joachim is one of the brightest minds America in the area of urban and architectural design in recent times ecological key, with a long experience in the field of design, expertise and open-mindedness make him a thorough professional… in ironic and visionary with his work, not as definitive answers, he opens with ease streets apparently not feasible, he seems to remind us like a loved one (in front of a beer) that there are no right answers, but only the right questions.
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Title: Mitchell Joachim _ The art of cities
Time: 25 ottobre 2012
Category: Article
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