Fabbricare Fiducia_Architettura #47 | Coexist | Claudio Grasso
Come immagini il mondo dell’architettura e la sua professione dopo l’attuale crisi virale?
La domanda si fa carico del silenzio che le nostre città e i nostri luoghi ci danno, come segno tangibile del momento che stiamo vivendo sulla nostra pelle, nelle nostre case, nella nostra vita. Il silenzio che ci accompagna quotidianamente, quasi assordante a cui non siamo più abituati e che per questo ci spiazza, confonde e fa paura, può essere motivo di riflessione personale. Punti di domanda necessari che a volte, spesso, le nostre vite frenetiche, frutto di una professione che abbiamo scelto consapevolmente, ci impongono di tacere. Dove tutto va veloce e le connessioni sono sempre più fitte, ci siamo adeguati a un sistema selettivo. È un gioco forza che ci ha inglobati in esso, portandoci al limite delle situazioni, spingendoci anche oltre. In un mercato del lavoro così estremo e composto anche da una concorrenza che non ti risparmia, siamo costretti ad esserci in qualche modo. Questo sistema ci risucchia, ci invade e si tramuta in quello che la società è diventata. Perché se è vero che da un lato tutto si è fermato, lo smart working ci dà la possibilità, di poter continuare a restare connessi con tutto e restare incanalati in quel flusso di frenesia che ormai è una costante delle nostre vite ma riusciamo a restare connessi con noi e ascoltarci? Sta, forse, in questa possibilità e velocità di connessione il doppio lato della medaglia? Velocità e questa frenesia sono forse lo specchio delle nostre città? Città che crescono a dismisura, non tenendo conto del consumo di suolo che si è attuato negli ultimi 20 anni. Se questa corsa verso una città utopica sia un bene, non lo so. Ne vale davvero la pena? Hanno forse col tempo distolto lo sguardo dai veri punti salienti dell’architettura e del suo compito, del ruolo importante che la nostra disciplina dovrebbe continuare ad aver come scienza tecnica e sociale, come regola, materia sensibile che non dovrebbe aggredire il contesto, ma ascoltarlo e contemplarlo. Credo che il nostro ruolo sia necessario, l’architetto, deve entrare in connessione con ciò che lo circonda, ascoltarlo, rispettarlo, fondendo le sue opere con esso. Non camuffarlo, ma carpire l’essenza, le sensazioni che un luogo trasmette e, di conseguenza, plasmare il tutto. Perché un’architettura che ascolta è un’architettura di qualità, che si ferma, contempla, recepisce e trova le giuste risposte ambientali e sociali. Ricalibrarsi. Molto probabilmente, nulla sarà come prima, forse è un augurio e nemmeno noi stessi lo saremo. E non possiamo sapere, oggi, cosa succederà tra 6 mesi o addirittura un anno. Mi auguro solo che tutto questo ci serva come professionisti, ma prima di tutto che ci serva, anche e soprattutto, per tornare più umani.
Claudio Grasso nasce a Catania nel 1989.Conseguito il diploma al Liceo Artistico di Catania si iscrive nella Facoltà di Architettura di Siracusa, dove si laurea nel Marzo del 2015, con una tesi sul tema dell’archeologia industriale con il recupero della Ex Manifattura Tabacchi di Catania riconvertendola in Museo di Arte contemporanea di Catania .
Nel 2013 vince il concorso Il messaggio di Archimede con il progetto de “Recupero del teatro Grande della Latomie dei Cappuccini di Siracusa. Dopo l’esperienza del workshop Ray of ligth “lucigraphie per Noto” organizzato dallo spin off Spazio Teatro, la Fondazione Teatro Vittorio Emanuele di Noto e OpenLab Company fonda la studio SullaLuna che si occupa di video mapping e visual art dove ricopre il ruolo di sound designer e visual designer, studio tuttora attivo ma di cui non fa più parte. Sempre nel 2015 si abilita alla professione di Architetto. Sceglie di restare in Sicilia e attualmente svolge la professione di Architetto, che porta avanti insieme all’amica Federica Miranda, con la quale sin dall’università condivide idee e obiettivi.
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #47 | Coexist | Claudio Grasso
Time: 17 aprile 2020
Category: Article
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