Fabbricare Fiducia_Architettura #50 | Architettura a km 0 | Michaela Re
Come immagini il mondo dell’architettura dopo l’attuale crisi virale?
L’irreperibilità delle materie prime, durante questa crisi virale, porterà l’architettura ad una riscoperta delle risorse locali?
Negli ultimi anni molti settori hanno dato il via ad un’inversione di marcia, la ricerca spasmodica di una nuova chiave di lettura capace di mescolare tecnologia e territorio/clima/natura/ambiente; stiamo assistendo soprattutto ad un ritorno alla terra e mi chiedo se non si trovi proprio lì il punto di (ri)partenza dell’architettura che verrà, un’architettura a km 0 che dalla terra nasca e che dalla terra sia di nuovo capace di reperire i materiali per crescere in armonia col territorio, esaltandolo. Questo reindirizzamento, che non dovrebbe essere una chimera, avrebbe riscontri positivi non solo per il mondo dell’edilizia ma anche dell’industria, del commercio e dell’artigianato territoriale che di anno in anno si affievolisce sempre più lasciando alla sola materia il ricordo della tradizione.
La mente mi riporta ad un’opera di Renzo Piano, architetto-artigiano attento al connubio tra tradizione e tecnologia, realizzata in Nuova Caledonia: il Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou, progetto che si ispira alle abitazioni tradizionali del luogo, realizzato mediante l’utilizzo di materiali naturali in simbiosi con il territorio circostante e in cui anche il vento oceanico viene sfruttato per il ricircolo interno dell’aria attraverso attente soluzioni tecnologiche.
La storia dell’architettura ci mostra innumerevoli esempi in cui l’attenta analisi del luogo, del clima e dei materiali ha dato vita ad opere uniche capaci di emozionare nei secoli, e chissà se la scultoreità dell’architettura contemporanea sarà capace di un simile risultato. La globalizzazione sembra aver travolto anche l’architettura allontanandola dalle forme, dai colori, dal significato e dal contesto in cui si appresta a nascere, divenendo così un’architettura contemporanea interscambiabile tra città fatte di edifici bianchi; edifici in acciaio e vetro; edifici bianchi in acciaio e vetro; cerco invano di immaginare una Burano dipinta di bianco…
Viviamo in un’era in cui il consumismo si è appropriato dell’architettura e dei materiali per costruirla che puntano più all’unicità del manufatto che non alla durevolezza nel tempo. Nel nostro Paese negli ultimi decenni abbiamo assistito inermi di fronte a questa fragilità, e allora forse stiamo sbagliando qualcosa, bisognerebbe fare un passo indietro, tornare a studiare la materia con un fare artigiano che ci permetta di imparare a plasmarla di nuovo.
Think global, act local.
Michaela Re architetto catanese, libero professionista. Consegue la Laurea in Architettura e Ingegneria edile presso la Facoltà degli Studi di Enna Kore nel 2016 con la tesi “Da Industria Calzaturiera a Industria Culinaria: riqualificazione dell’ex Industria Calzature “EGA” all’interno dell’area archeologica di Catania” e nel 2017 ottiene il titolo di abilitazione all’esercizio della professione di Architetto. Subito dopo la laurea inizia a collaborare con uno studio di architettura a Catania che si occupa prevalentemente di edilizia residenziale e commerciale; nell’ultimo anno ha iniziato a svolgere la libera professione con all’attivo due cantieri in provincia di Catania.
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #50 | Architettura a km 0 | Michaela Re
Time: 18 aprile 2020
Category: Article
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