Fabbricare Fiducia_Architettura #88 | L’architettura post-pandemica sarà più democratica ed ecologica? | Giuseppe Milano
Come immagini il mondo dell’architettura dopo l’attuale crisi virale?
L’iperbolica società dei consumi di matrice neoliberista, nata sulle ceneri di quella post-moderna, è destinata ad essere, con la sua eredità di contagiose ingiustizie sociali e ambientali, definitivamente superata o comunque fortemente ridimensionata nella sua mefitica essenzialità. Il suo superamento non sarà semplice o immediato, sentendosi ancora sul proscenio della nostra quotidianità i rantoli dei poteri finanziari globali incapaci di praticare “l’arte di vedere” una realtà ormai trasfigurata dalla pandemia odierna. Nella moderna “società del rischio”, corroboratasi nell’indifferenza del potere economico e politico per il sapere scientifico, accade, perciò, che un essere vivente microscopico – come il coronavirus – in grado di influenzare una entità macroscopica e infinita – come il tempo – riuscirà a cambiare radicalmente l’architettura, per come l’abbiamo conosciuta negli ultimi 30-40 anni e che di questo tempo ne è stata la rappresentazione. L’architettura verrà trasformata da colorato “bigliettino da visita” di autoreferenziali testimoni del proprio pensiero a rinnovato mezzo attraverso il quale la comunità si ritrova e rinsalda la sua intelligenza collettiva, nei paradigmi della sostenibilità ambientale e sociale. Più della dimensione spaziale, certamente rilevante sia volgendo lo sguardo al pubblico sia al domestico, l’architettura post-pandemica sarà geneticamente riconoscibile da come saprà interpretare la dimensione temporale. Pur in presenza, soprattutto negli ultimi anni, di sempre più numerosi fenomeni estremi climaticamente destabilizzanti per i nostri territori, l’architettura, a parte poche virtuose eccezioni che hanno saputo affrontare correttamente la sfida della rigenerazione urbana del patrimonio esistente, ha continuato ad agire, irresponsabilmente, come Ponzio Pilato: lavandosene le mani e continuando ad usare materiali di origine fossile o artificiali come il cemento e tecnologie solo in parte risolutive delle criticità ecologiche e antropologiche. Senza alcun rispetto per l’etica della conoscenza e la pratica della resilienza. L’Italia e gli altri Paesi del mondo non saranno più gli stessi, ma non solo per gli effetti drammatici della crisi economica che ne verrà, ma perché emergeranno tutti quei nodi gordiani che non si sono voluti sciogliere negli ultimi 25-30 anni. Tra i principali, la “questione ambientale”, sempre vista in antitesi a quella del progresso economico e, dunque, ignorata, non riconoscendo che l’uomo, in quanto espressione della natura, con essa avrebbe dovuto stringere una relazione armonica per il benessere di entrambi gli ecosistemi. L’architettura, uno dei prodigi più mirabili nella storia dell’uomo, se vorrà sopravvivere e se vorrà continuare ad esprimere culturalmente e moralmente la sua vocazione di cerniera ideale tra i paesaggi umani e i paesaggi urbani, sarà chiamata, perciò, anche attraverso l’uso consapevole e responsabile delle nuove tecnologie digitali o industriali, ad un completo rovesciamento dei suoi approcci comportamentali, codici funzionali e linguaggi relazionali. “Indietro non si torna e nessuno dovrà rimanere indietro”, si sente dire in questi ultimi giorni. L’architettura – soprattutto nella sua capacità creativa e per le sue modalità innovative di ripensare dinamicamente lo spazio domestico convertendolo, nell’arco della giornata, a spazio polifunzionale e in divenire micro-pubblico (si pensi alla nano-comunità di un condominio) – potrà rappresentare, perciò, l’organo ideale intorno al quale si ritroverà la comunità ascoltando la polifonia della solidarietà e della prossimità. La nostra attuale vulnerabilità diventi una straordinaria opportunità per cambiare il mondo, per evitare che le prossime crisi – climatiche o finanziarie – che ci saranno, producano disastri più gravi. Ora è il momento di agire, senza paura.
Giuseppe Milano. E’ un ingegnere edile – architetto ed urbanista, nonché giornalista ambientale, da sempre sostenitore dell’assioma che tutto quello che nasce dall’uomo, come l’architettura, debba servire al benessere dell’uomo, inteso nella sua dimensione plurale. L’uomo, da solo, non ha storia. L’egoismo non produce mai un cambiamento. E la nostra società ha bisogno, invece, di una trasformazione radicale e strutturale, nei dettami dell’ecologia integrale e della giustizia sociale. L’architettura deve, perciò, tornare ad avere una relazione solidale e non occasionale con la natura, un dialogo poetico ed armonico, perché nella società interconnessa della quale siamo figli e testimoni solo una palingenesi dei suoi paradigmi potrà innescare nuove visioni di futuro, per una prosperità inclusiva e una sostenibilità realmente generativa.
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #88 | L’architettura post-pandemica sarà più democratica ed ecologica? | Giuseppe Milano
Time: 25 aprile 2020
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