Mediterranean FabLab Opening

interview with Amleto Picerno Ceraso e Francesca Luciano (Mediterranean FabLab)

by Marco Arciero 

Si è tenuta mercoledì 31 ottobre 2012, presso la Mediateca MARTE di Cava’ de’ Tirreni, l’apertura ufficiale del Mediterranean FabLab, il primo laboratorio di fabbricazione digitale del sud Italia. Durante l’inaugurazione l’Arch. cavese Amleto Picerno,ha  presentato il Mediterranean FabLab, illustrando il funzionamento e le opportunità del nascente laboratorio di fabbricazione digitale, mostrando le macchine per la fabbricazione, presenti all’interno del FabLab e ciò che è possibile realizzare al suo interno.

MA: L’utilizzo di software parametrici come Grasshopper e di tecniche per la gestione e la visualizzazione dei dati, trovano ora nell’uso delle macchine a controllo numerico il mezzo per la loro creazione nello spazio fisico. ?La stretta relazione tra i software e la fabbricazione digitale definisce una nuova figura professionale, altamente qualificata, in parte architetto/designer ed in parte artigiano. ?Se ora, dal punto di vista progettuale, non appaiono limitazioni nella creazione, gestione o manipolazione dei dati del modello che si vuole rappresentare, da quello invece dell’auto produzione in laboratorio siamo confinati alla scala dell’oggetto di design o l’originario concetto “how to make almost anything” è già attuale e ci proietta a nuovi scenari architettonici futuri?

APC: Su scala architettonica molto è stato già fatto ed i fablab hanno giocato un ruolo chiave nella ricerca, nello sviluppo e nell’ottimizzazione dei processi costruttivi delle nuove architetture. In questo scenario, il motto “Come costruire quasi tutto”, apre differenti orizzonti. Il primo è rivolto a chi non è ancora un addetto ai lavori, a chi non ha formazione specifica nel campo, ma si avvicina al movimento dei makers per interesse o ragioni personali che travalicano il proprio lavoro. In tal caso, la produzione attraverso l’uso di macchine a controllo numerico è ancora relegata alla scala dell’oggetto, (dal cucchiaio al lampadario) forse tentando un salto verso la customizzazione della propria casa, quindi con pareti e sistemi tecnologici modulari e stampati in fablab attrezzati ad hoc. Altro tipo di scenario si apre per chi opera nell’ambito delle costruzioni, della progettazione architettonica e dell’intervento sul territorio in generale, dove la fabbricazione digitale attuata all’interno dei fablab e l’uso dei relativi software, perdono l’aspirazione alla “produzione”, e sono utilizzati per la ricerca e l’ottimizzazione di nuovi apparati architettonici. Infatti, la fabbricazione digitale opera un salto di scala verso l’oggetto architettonico, non avendo l’ambizione di “stamparlo” tutt’uno, (e ce ne sono di esempi, si pensi alle macchine cnc sviluppate dalla NASA per la costruzione di abitazioni in assenza di gravità, o ai lavori del nostro Dini che per dimensioni strizzano l’occhio ad una scala architettonica), ma di produrre un apparato di tecnologie, tecniche e materiali che nelle loro relazioni siano capaci di costruire un manufatto architettonico coerente con l’idea progettuale di cui è figlio.
Altro scenario, a mio avviso il più pericoloso per i risultati a cui è giunto, è quello che usa semplicemente “scalare” metodologie costruttive adatte per la produzione di oggetti, ad una dimensione architettonica ed urbana. Un esempio, senza entrare nel merito del progetto, è quello del Parasol di Siviglia, dove si è mutuata identica, dal design una metodologia progettuale fatta di ribs che si incastrano tra di loro per la realizzazione di un manufatto su scala urbana che ha portato innumerevoli difficoltà costruttive con relativi ampliamenti dei tempi di realizzazione e dei costi previsti.

MA: Della rivoluzione digitale, che per importanza paragonerei alla rivoluzione industriale, l’aspetto più intrigante è sicuramente quello della condivisione e diffusione delle informazioni. ?Continuiamo ad immaginare la città del futuro come ad un totale stravolgimento dello spazio ma siamo coscienti che le previsioni futuristiche di chi ci ha preceduto non si sono avverate.? La nostra vita continua a svolgersi in edifici che, per quanto recenti, utilizzano tecniche costruttive vecchie ormai di un secolo mentre le informazioni viaggiano alla velocità della luce: possiamo non conoscerci fisicamente e condividere progetti. ?La messa in produzione di un oggetto è, poi, alla portata di tutti, senza necessità di profonde competenze tecniche e specialistiche. ?Nel concetto di Fab Lab ove, oltre alla progettazione digitale dell’oggetto anche lo strumento per produrlo può essere auto-costruito attraverso conoscenze di sistemi hardware come ARDUINO, che ruolo ricopre la figura dell’architetto?

APC: Se siamo nel pieno della terza rivoluzione industriale, ciò è anche dovuto alle pratiche attuate attraverso l’uso di queste nuove tecnologie. Usare macchine a controllo numerico e software che ci permettono di gestire il progetto di un oggetto o di una architettura complessa, è diventato di uso comune. Esistono innumerevoli tipi di cnc, tutte sono stampanti tridimensionali, alcune lavorano con sistemi additivi come la famosa MakerBot, altri con sistemi sottrattivi ( come le laser o vinil cutter) che utilizziamo anche all’Interno del MedFabLAb. Non ultima la possibilità di costruire la propria cnc, esperienza che ha toccato anche noi nella realizzazione di una milling a tre assi che quotidianamente usiamo per la fabbricazione al Mediterranean fablab. Le macchine a controllo numerico esistono da più di mezzo secolo , ma negli ultimi dieci anni ci sono stati scarti tecnologici tali (linguaggi di programmazione, software, riduzione dell’ingombro e dei costi delle macchine) che le hanno rese accessibili a tutti. Questo processo scardina dal profondo i sistemi di produzione classici e tutto l’indotto ad esso legato: introduce nuove pratiche di progettazione allargata, collettiva ed aperta, rende il consumatore cosciente e partecipe del bene che sta costruendo per se stesso,  contribuisce alla diffusione dei saperi, unica strada verso l’affrancamento da sistemi economici ed industriali che forse non rispecchiano più il nostro attuale sistema di valori.  In questo, i margini entro i quali la figura dell’architetto era contenuta si stanno lentamente sfumando, rendendo, fortunatamente, aperto ed ibrido l’ambito disciplinare a cui l’architetto di oggi si dovrebbe rifare. Proprio in tal senso si muovono i corsi organizzati dall’Accademia Mediterranea d’Architettura (www.medaarch.com), cercando di colmare il divario formativo che distacca i nostri neolaureti architetti e la realtà dell’architettura oggi.

 

MA: Fresatrici, saldatrici, seghe da banco, trapano presse, macchine per il taglio laser, macchine da cucire industriali, stampanti 3D, tutte macchine a controllo numerico per una nuova era della fabbricazione digitale.?Che affinità riscontrate tra il vostro momento storico e quello di William Morris e del movimento Arts and Craft?

APC: In effetti il richiamo storico è immediato e da tanti colleghi, molto più ferrati di me sull’argomento, è stato analizzato e discusso. Non vorrei però che si mischiassero i termini del paragone, attribuendo a quello che oggi è chiamato “movimento dei makers” o “DIY”, una direzione stilistica ed artistica che, invece, era esplicitamente dichiarata nel movimento di Morris e Ruskin. Il paragone è congruo, a mio parere, se coglie la comune attenzione al valore dell’artigianato, al valore attribuito al lavoro manuale dell’uomo, al recupero di saperi antichi, se coglie la comune nascita di questi movimenti come reazione ad un sistema produttivo ed economico che in entrambi i periodi storici ha prodotto aberrazioni. È coerente e giusto il paragone tra questi due momenti storici, se questo coglie le dinamiche che hanno generato similitudini operative, e non se cerca convergenze stilistiche. Dal punto di vista più propriamente architettonico, la corrente progettuale legata all’uso di determinati software, e quella che fa dei fablab il centro nevralgico della realizzazione di tali progettualità, si lega al movimento delle Arts and Craft nel modo in cui le metodologie progettuali sono aperte, dinamiche e collaborative, tutte pratiche gia fortemente sperimentate da Morris, che trovano oggi una fortissima ragione d’essere grazie anche alle possibilità offerte dalle tecnologie di comunicazione.

www.medaarch.com

 

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Time: 5 novembre 2012
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Tags: amleto picerno ceraso , arduino , cava de tirreni , fabbricazione digitale , francesca luciano , italia , mediterranena fab lab , NASA

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