Fabbricare Fiducia_Architettura #27 | Limitazione e libertà | Marco Ragonese
Come immagini il mondo dell’architettura dopo l’attuale crisi virale?
In questi giorni di reclusione forzata, molte persone stanno comprendendo quale sofferenza possa provocare la limitazione dei propri movimenti, l’impossibilità di compiere le più banali azioni quotidiane. E mentre in alcune parti del mondo, nel tempo e da tempo, sono sorte delle enclave in cui gli abitanti si auto-segregano per difendersi da possibili pericoli provenienti dalla criminalità (gated community o walled city), noi in città soffriamo maledettamente le prescrizioni che il virus ci obbliga a rispettare. In una sorta di strana simmetria, i detenuti italiani – quelli veri – hanno inscenato una protesta contro la sospensione delle visite parentali e per il timore di diventare un focolaio di contagio senza alcuna via di uscita. Noi (per “colpe” collettive) e “loro” (per azioni individuali) specularmente condannati alla reclusione – con pesi specifici e conseguenze molto diverse, ovviamente – ma con la consapevolezza (o l’illusione) che dopo sarà diverso. A partire da questa considerazione, l’architettura post virus dovrebbe farsi carico di quei temi e di quegli spazi connessi alla detenzione, consapevole che il recupero di una persona è un tema improcrastinabile di sostenibilità sociale, economica ed ecologica in senso più ampio. Riprogettare spazi in cui le persone – considerate talvolta “bestie” dalle vittime – possano riumanizzarsi, comprendere realmente il motivo della propria condanna e intraprendere un percorso che gli consenta di ritrovare una possibile ricollocazione all’interno della società. Pensare a edifici che non siano la meccanica traduzione di logiche punitive e coercitive – grazie a soluzioni ingegneristicamente efficaci ma spazialmente desolanti – ma anche capaci di stimolare in ciascuno la costruzione di un proprio “dopo”, reale, attraverso azioni concrete da svolgere in spazi adeguati e progettati a quello scopo. E che liberino dalla pena anche coloro che sono preposti al controllo ma sono costretti a lavorare in condizioni aberranti. Tra qualche settimana usciremo dalla nostra “cella” e forse ripenseremo a come fare per non rientrarci più: ricordiamoci che qualcuno – conscio del proprio errore e pronto a non commetterlo più – vorrebbe poter pensare la stessa cosa.
Marco Ragonese. Nato nel 1974 a Palermo, si laurea in architettura e consegue un dottorato di ricerca presso l’Università di Trieste. Dal 2008 ha insegnato progettazione architettonica presso le università di Trieste, Milano e Udine, e presso lo IUSVE di Venezia. Dal 2005 ha fondato CFCstudio che basa la propria attività sulla progettazione architettonica e la ricerca multidisciplinare, considerando l’architettura, il paesaggio e la città come campi di sperimentazione e conflitto. Corrispondente de “Il Giornale dell’Architettura”, la sua ultima pubblicazione è Pauropolis, edito da Libria.
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #27 | Limitazione e libertà | Marco Ragonese
Time: 11 aprile 2020
Category: Article
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